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Un social network recupera l’identità di comunità

12 Gen 2014 | Storie

“Sei di Castel San Pietro Terme se…” è il titolo del gruppo Facebook aperto il 6 gennaio 2014 alle ore 15. L’ho aperto io, sfruttando la mia esperienza di comunicatore multimediale, ispirandomi ad altri gruppi analoghi già presenti sul social media più famoso e utilizzato in Italia, in particolare dopo aver seguito qualche giorno l’esperienza di Cervia. Ero certo che la mia città avrebbe risposto con entusiasmo: da tempo seguivo (anche per lavoro) i vari dibattiti locali su Facebook e avevo rilevato, fra le pieghe delle discussioni, un senso di vuoto, la mancanza di quello spirito di comunità e goliardico che aveva caratterizzato la città nel passato, anche in quello recente.

E così è stato. In soli sei giorni il gruppo di Castel San Pietro ha superato i 2.000 iscritti e il flusso collettivo di contributi è stato praticamente continuo. Prima sono arrivate le rivendicazioni di stile e di linguaggio, i recuperi di vocaboli dello “slang” locale, poi i ricordi delle generazioni dagli anni Sessanta in poi.

Ma cosa rende questo gruppo speciale, unico, rispetto ad altri?

Tante cose.

La prima è lo straordinario risultato: in sei giorni scarsi è stata raggiunta una quota pari al 10% della popolazione cittadina. Il dato è affidabile e in crescita: il Gruppo è amministrato e moderato e potrebbe essere stato ammesso qualche utente curioso da altre città, ma il margine di errore è sicuramente molto basso. Il Gruppo è dedicato a chi è nato e vive (o è vissuto) in questa città di 20.000 abitanti in provincia di Bologna, sul confine tradizionale fra Emilia e Romagna.

Ma attenzione: i “castellani” si sentono fieramente emiliani, guai a chiamarli romagnoli o imolesi, sebbene a livello istituzionale il Comune aderisca al Circondario imolese (ente sovracomunale istituito con legge regionale).

La seconda è l‘eccezionale trasporto con il quale cittadini di ogni età postano ricordi e condividono emozioni, ritrovandosi con vecchi amici e compagni di scuola emigrati da tanti anni. Un trasporto contagioso, che nella prima settimana ha fatto sì che il flusso di informazioni non si arrestasse mai, nemmeno di notte.

E ancora: le generazioni più anziane, escluse dal digital divide, si sono dapprima incuriosite leggendo gli articoli dedicati a questo fenomeno dalla stampa locale (Il Resto del Carlino se n’è occupato più di tutti) e poi hanno cominciato a contribuire, dialogando con i più giovani in casa o nei luoghi pubblici (il Bocciodromo è uno di questi luoghi). O anche aprendo direttamente, magari con un aiuto, un account su facebook, solo per poter entrare in questa grande esperienza.

La terza è lo straordinario recupero di documenti: immagini antiche recuperate dalle soffitte, manoscritti, lettere e memorabilia.  Per giorni nelle famiglie castellane si è scatenata una ricerca all’insegna della condivisione che ha coinvolto nonni, genitori, figli e nipoti.

La quarta, che forse è la più importante, è che dal Gruppo nascono iniziative dal vivo. Come la Foto del Secolo, idea lanciata da alcuni utenti e prontamente messa in atto. Un grande flash-mob nella piazza principale, convocato via Facebook, per una foto da tutto esaurito. Scatti e riprese dall’alto, dai balconi aperti per l’occasione dal Comune e da una piattaforma di 18 metri portata da un cittadino iscritto. Il tutto con la collaborazione del sindaco in fascia tricolore e accompagnato dal gonfalone. Nell’occasione molti cittadini emigrati da anni ritorneranno, per riabbracciare i vecchi amici. E dopo la Foto del Secolo un pomeriggio di proiezioni di filmati culto della goliardia cittadina.

La quinta è il “Face Castello Book”, titolo provvisorio di un libro scritto collettivamente che raccoglierà i post e i commenti più significativi, accorpati ed editati da una squadra di volontari nonché professionisti dell’informazione, da mettere in vendita per beneficenza. Due aziende operanti nella Comunicazione si sono già offerte di portare a compimento il volume: Rizomedia e Sos Graphics, con la collaborazione dell’archivio storico del fotografo Sandro Zaniboni/Fotozeta.

E’ ancora presto per analizzare questo fenomeno mediatico e sociale, determinato dall’impegno di così tante persone.

Di certo la città, come tante, aveva perduto negli anni alcuni riti che contribuivano alla costruzione quotidiana di uno spirito di comunità, che qui viene chiamato anche “castellanità”. Non ha giovato la forte richiesta di residenza a fronte di una politica urbanistica attiva ma contingentata, che ha determinato per almeno due decenni prezzi molto alti delle case, costringendo molti ad emigrare in località più a buon mercato. Dall’altra il progressivo svuotamento del centro storico, con la chiusura di molti bar, punti di ritrovo serali. I bar a Castel San Pietro erano tanti e sono stati per decenni elementi dell’identità dei cittadini, al punto che, nel presentarsi l’uno con l’altro, era importante specificare anche il bar che si era soliti frequentare.

Uno di questi riti è la passeggiata pre-serale (detta “Vasca”) nel centro storico, che negli anni è pressoché scomparsa, anche a fronte degli orari dei negozi, non più allineati con le esigenze del pendolarismo moderno, che porta le persone a rincasare più tardi che in passato e, quindi, a rivolgersi ai centri commerciali, dove le aperture sono più prolungate. Ebbene, attraverso il Gruppo, stanno partendo le prime “vasche autoconvocate”, nella speranza di tornare a incontrarsi sotto ai portici e condividere esperienze e ricordi dal vivo. Effetti secondari potrebbero essere un rilancio del commercio del centro storico e, magari, uno stimolo per gli esercenti a valutare nuovi approcci verso la potenziale clientela.

L’esperienza è in evoluzione, è libera e non ha gerarchie, si tratterà ora di vedere come si evolverà nel tempo.

Massimo Max Calvi © 12 Gennaio 2014

 

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